Michelangelo e il primato dell’intelletto

Una visita alla Cappella Sistina: Michelangelo e il primato dell’intelletto

Decido di partecipare ad una visita guidata alla Cappella Sistina organizzata in una pausa del convegno nazionale dell’associazione infermieristica di cui faccio parte. Il ricordo degli affreschi di Michelangelo era scolorito dal tempo, come di fatto era la grande opera quando la vidi da bambino; Il restauro del 1999 l’ha restituita ai suoi colori, anche se, come sostengono alcuni critici d’arte. Insieme al nero dell’inquinamento e del fumo delle candele sono state cancellate anche le pennellate di nero fumo date a secco da Michelangelo e con esse le sensuali volumetrie delle possenti figure (vedi: Restauro degli affreschi della Cappella Sistina).

Comincio la visita da una selezione dei musei Vaticani, dopo questa piacevole anticamera finalmente arriviamo alla Cappella Sistina, accedendo da una stretta scala attraversata in senso opposto da una corrente d’aria fredda. Read more

Storia di un’amica nella crisi economica della Grecia

La telefonata con Anna durò solo pochi minuti: “sto male, non riesco a parlare”. Inizia così questa storia di un’amica nella crisi economica della Grecia. Il popolo greco protesta con grandi manifestazioni in piazza Syntagma. Ogni giorno ci sono scontri con la polizia che reprime duramente. Anna teme che tutto questo potrebbe finire nel sangue.

Anna ora vive nella sua casa vicino ad Atene, sento i cani che abbaiano in lontananza, immagino le sculture nel suo studio. Mi descrive il suo giardino con i merli che beccano le ciliegie sull’albero.

 

Monumento alla guerra di resistenza nazionale Piazza Eritrea Atene

Da anni avevo perso definitivamente notizie di lei, poi l’ho ritrovata casualmente facendo una ricerca su internet. Ora è scultrice, membro della Camera delle Belle arti elleniche, un’istituzione che promuove la creatività e la libertà di espressione degli artisti greci.

Senza grosse aspettative mandai un messaggio alla segreteria spiegando le ragioni che mi spingevano a cercare quel contatto. L’attesa durò poco, ricevetti in inglese una sua risposta, nella quale mi chiedeva di chiamarla al telefono verso sera. Mi avrebbe parlato in italiano, ma ad una condizione, non avrei dovuto ridere dei suoi errori di pronuncia.

Fu emozionante sentire di nuovo la sua voce, un po’ più bassa e malinconica, però il ritmo lento, le pause, la scelta attenta delle parole erano uguali a come le ricordavo. In poche parole raccontò la sua vita. Ritrovare questa amicizia dopo così tanto tempo faceva tornare docilmente il ricordo di quegli anni.

monumento alla Resistenza Nazionale piazza Marte Velouhioti Agios Dimitrios

 

 

Conobbi Anna a Firenze all’Istituto Statale d’Arte di Porta Romana, sezione di ceramica, anno scolastico 1975-76, rimase in Italia pochi mesi. Tra  me e lei nacque subito una reciproca simpatia, ma poi non abbiamo avuto molto tempo per consolidare la nostra amicizia. A quel tempo il laboratorio di ceramica era frequentato da ragazzi di tutto il mondo. Io ero una persona di poche parole, lei molto riservata, a volte misteriosa perché della sua vita privata preferiva non parlare, eppure ci fu subito intesa, si fidava di me e ci faceva piacere discutere insieme. Ascoltavo i suoi racconti, il suo impegno politico, le ferite ancora aperte del regime dei colonnelli terminato da poco, la resistenza insieme agli studenti del politecnico di Atene.
La politica era uno degli argomenti sui quali ci intendevamo, ma ci accomunava soprattutto l’amore per l’arte e per la poesia: il suo Kavafis, il mio Ungaretti, entrambi nati ad Alessandria d’Egitto.

studio di nudo

Eccomi di nuovo a parlare con Anna mi sorprende trovare

Studio di nudo

con lei la stessa sintonia di allora. Per gioco descrivo come ricordo il suo aspetto, i capelli neri legati dietro, il taglio un po’ orientale degli occhi , le vesti lunghe, molto tradizionali. Mi stupisco che si ricordi ancora di dettagli apparentemente futili delle nostre discussioni e del mio carattere.

La situazione greca è preoccupante, la crisi economica deprime la vita sociale, frena le

speranze e impoverisce le persone. Che ne sarà dell’arte della poesia se non si ha il lavoro e di che vivere. In queste cirostanze sarà difficile mantenere la promessa che ci siamo fatti di incontrarci di nuovo.

Alexander Langer, un portatore di speranze

Più lento, più profondo, più dolce.

Nel deserto della politica italiana è difficile, oggi, trovare uomini dei quali avere fiducia, il sistema della democrazia rappresentativa mostra, evidenti punti di cedimento. Tuttavia tra i politici italiani ci sono state figure appassionate ed eticamente integre che hanno provato a tradurre le proprie idee in azioni concrete.

Mi piace qui ricordare la figura di Alexander Langer, dopo la sua prematura morte, molti si sono dimenticati di lui e purtroppo le giovani generazioni non hanno conosciuto a sufficienza il suo pensiero e i suoi scritti.

Alex negli anni ’80 è stato uno dei promotori del movimento politico dei Verdi in Italia e nel dicembre 1984 aprì a Firenze i lavori della prima assemblea nazionale delle liste verdi.

In quegli anni mi avvicinavo a questo nuovo soggetto politico, mi convinceva la proposta di trasformare l’economia e la società stringendo un patto tra sostenibilità ambientale ed equità sociale. La prospettiva ecologista apriva orizzonti più ampi e stimolanti rispetto alla politica tradizionale ferma alla contrapposizione capitalismo/comunismo. La critica ecologista al neoliberismo è profonda, le risorse del pianeta non sono illimitate è quindi necessario trovare un’alternativa ad una crescita economica fondata solo sul profitto e sulla produzione di merci.

Un’intuizione di Alex Langer fu capire che per realizzare una civiltà ecologicamente sostenibile non servono leggi e controlli, ma occorre rendere desiderabile a tutti il cambiamento. Il motto olimpico ”cintius, altius fortius” (più veloce, più alto, più forte) sintetizza lo spirito della nostra era basata su agonismo e competizione, a questo Alex contrapponeva il contrario “lentius, profundis, suavis” (più lento, più profondo, più dolce), come proposta di un nuovo benessere fondato sull’essere e non sull’avere.

Langer propose il superamento delle vecchie ideologie di destra e sinistra, fu protagonista di un intenso dialogo “di ricerca con la cultura della sinistra, dell’area radicale, dell’impegno cristiano e religioso, come pure di aree non conformiste ed originali che emergono anche tra conservatori e a destra, o da movimenti non compresi nell’arco canonico della politica”.

Sempre presente nel suo pensiero fu il tema, oggi lacerante, della convivenza pluriculturale. Considerava la convivenza non come omologazione, al contrario come riconoscimento e  mantenimento delle singole identità culturali, concepite come un insieme di valori e pratiche di mutua tolleranza, conoscenza e frequentazione.

Nessuno può sapere le ragioni che l’hanno portato al suicidio il 3 luglio 1995, personalmente non credo ad un atto di rinuncia, piuttosto il carico di amore e di altruismo che aveva messo per trovare risposte politiche concrete era diventato per lui insopportabile.

Nel parole che scrisse in ricordo di Petra Kelly, leader dei verdi tedeschi, anch’essa tragicamente scomparsa in quegli anni, qualcuno ha letto le ragioni del suo gesto: “forse è troppo arduo essere individualmente degli “Hoff- nungsträger”, dei portatori di speranza: troppe le attese che ci si sente addosso, troppe le inadempienze e le delusioni che inevitabilmente si accumulano, troppe le invidie e le gelosie di cui si diventa oggetto, troppo grande il carico di amore per l’umanità e di amori umani che si intrecciano e non si risolvono, troppa la distanza tra ciò che si proclama e ciò che si riesce a compiere”.

Per saperne di più:

Fondazione Alexander Langer

Biografia

 

Sdraiato sotto le sculture di Moore

La retrospettiva di Henry Moore al Forte Belvedere nell’estate del 1972 fu la più bella e appassionante mostra del novecento realizzata a Firenze, molti la ritengono la più spettacolare tra tutte quelle dedicate all’artista. Le grandi sculture erano esposte sulle terrazze erbose del forte che dominano la città.

Ho avuto la fortuna di vivere quell’evento forse senza la consapevolezza piena della sua importanza. Nel ‘72 ero molto giovane, ma senza dubbio ha influenzato il mio rapporto con l’arte, di lì a breve sarebbe diventata oggetto di studi e stimolo per i miei tentativi creativi.

L’ingresso della mostra era libero, cosa che oggi è sempre più rara per le logiche di profitto che pervadono ogni aspetto della nostra vita, disporre di spazi pubblici e dell’arte era più facile e normale. Sugli spalti del Forte Belvedere i giovani e i visitatori potevano con liberamente girare attorno alle sculture di Moore, toccarle, sedersi accanto, viverele.

“Le forme archetipe della mitologia di Moore”, scriveva Giulio Carlo Argan, “sono l’osso che il tempo ha pulito, il sasso che la corrente ha trapanato e levigato. La materia ha una sua storia, ed è questa che la plasma, la costituisce in forma”.

Quale palcoscenico migliore poteva far loro da sfondo se non la veduta su Firenze e le colline circostanti; dai vuoti di quelle forme ci si poteva affacciare, come da finestre, sulle chiese, sui palazzi e sui ponti della città rendendo tangibile la sensazione del tempo e della storia. Lo stesso Moore percepiva la sfida tra le sue opere e la città, nella lettera di ringraziamento, pubblicata nel catalogo della mostra, Moore scriveva:

“l’opportunità che mi si offre di tenere una mostra al Forte Belvedere non può non incontrare il mio grato consenso, sia pure con qualche apprensione. Non vi è infatti luogo nel mondo ove esporre sculture all’aperto, in rapporto a un’architettura e a una città, migliore del Forte Belvedere, coi suoi dintorni imponenti e le meravigliose vedute verso Firenze. Tuttavia la sua possente grandezza e l’architettura monumentale ne fanno un rivale temibile per ogni scultura; mi rendo conto pertanto che esporre qui le mie opere rappresenta una formidabile sfida, ma una sfida che bisogna accettare”.

Per me fu un modo inconsueto di vivere l’arte, sono andato là più volte, sdraiato sui prati in compagnia degli amici a discutere e a scherzare. Preferivo i bastioni a Sud, verso la chiesa di San Miniato, più calmi e meditativi rispetto all’affaccio mozzafiato sulla città. Il rapporto con le sculture era diretto, senza i limiti che impone il tempo di una visita. Moore preferiva la collocazione delle sculture all’aperto, diceva:

“a loro sono necessarie la luce del giorno, il sole. La natura ne è lo sfondo migliore”.

Fu il sole di quell’estate e i violenti temporali di quei giorni che le fecero da coreografia. Solo dopo molti anni le emozioni dell’intima prossimità con la scultura di Moore mi sono tornate in superficie. Oggi mi metto sulle tracce di quei momenti, diventati per me mitici, cerco frammenti di quell’incanto nelle librerie, nelle biblioteche, nel web per strappare al tempo le immagini e le testimonianze che restano, per restituirle a quanto rimane della nostra contemporanea sensibilità.

Alcuni link che presentano immagini della mostra:
56 foto di Renato Grisa
9 foto di Paolo Flores
7 foto di Adalberto Tiburzi
5 foto di Franco

Per saperne di più:p
The Henry Moore Foundation

Francesca Woodman: impressioni dalla retrospettiva fotografica di Siena

Francesca Woodman racconta attraverso il suo corpo, ma non è il protagonista. Questo corpo giovane, morbido, liscio, sensuale; si dimentica senza nostalgie, diventa forma, materia, movimento in uno spazio interiore disabitato.
Un corpo di donna mitologico, puro che nasce come una venere, ma qui non emerge nel cavo di una conchiglia, non nasce dalla spuma del mare, nasce da carta da parati lacerata come un’entità astratta, senza volto, tuttavia imprescindibilmente unico.
Le stanze inondate di sole a volte illuminano completamente gli oggetti, altre volte aggettano ombre inquietanti. Conosco bene questo sole che mi ha scaldato proprio in quei giorni, all’età di Francesca o poco più, una luminosità unica, irripetibile, solo di quel tempo. Quali paure abitavano le stanze di Francesca confinate da pareti graffiate e scrostate? Quali ricerche immateriali si consumavano dentro quei contenitori privi di orizzonte? Il corpo di Francesca perde il proprio peso, la propria densità per acquisire un aggressività materica autoriflessiva. Il suo corpo, il suo sesso sono al tempo stesso soggetto e oggetto dell’immagine, talvolta tormentati come dannati in una teca di museo, a volte conquistati dal sonno o dalla morte abbandonati sul pavimento, dentro una vasca da bagno, sopra una roccia nuda.

A soli tredici anni, all’inizio della sua breve vita, indica l’uscita da una porta socchiusa mentre una forza invincibile la trattiene. Luoghi dell’infanzia da poco abbandonati e nuovamente esplorati oppure coscienza di un futuro doloroso dal quale non riesce ad affrancarsi. Nel riflesso di uno specchio non è possibile trovare le risposte, tutto rimane confuso. Dentro simboli vegetali e animali può essere solo reso possibile un transfert automatico, ma ancora tutto non risolto.

Non è possibile descrivere il racconto di Francesca, parla direttamente ad ognuno di noi, ognuno di noi decodifica a proprio modo il suo messaggio, senza intermediari, senza l’aiuto di critici o biografie postume che Francesca non ha avuto il tempo di avere.

 

Francesca Woodman nata a Denver il 3 aprile 1958 morta suicida a New York il 19 gennaio 1981.

Approfondimenti su:
en.wikipedia (inglese)
it.wikipedia
Francesca Woodman gallery
– L’eredità di Francesca – Intervista ai genitori Betty e George Woodman (audio Mp3)
– Audioguida della mostra di Siena parte 1° e 2° (audio Mp3)
– Rossella Caruso – Camere con vista interna – lettura critica delle opere di Francesca Woodman (audio Mp3)

Francesca Woodman – Um Coração Selvagem from J.M.ARRUDA FILMES on Vimeo.

Francesca Woodman – Selected Video Works (1975-1978) from speenich on Vimeo.

Mostra retrospettiva di Francesca Woodman
Siena, dal 26 settembre 2009 al 10 gennaio 2010
composta da 114 fotografie, alcune delle quali inedite.
Presentata da: SMS contemporanea, il centro di arte contemporanea del Santa Maria della Scala di Siena, in collaborazione con l’Espacio AV di Murcia e l’Estate di Francesca Woodman di New York.