Creature abissali

Creature abissali: l’idea

Il capitano Nemo

Nel 1992 mi capitò sottomano una rivista naturalistica dove si documentava la vita di creature abissali, pesci, crostacei e molluschi che vivono ad una profondità alla quale non arriva la luce solare. Inoltre l’articolo conteneva diverse fotografie molto suggestive che colpivano la fantasia. In sostanza questi strani animali dalle forme bizzarre si stagliavano sul nero assoluto delle profondità marine. L’evoluzione le aveva modellate per adattarsi alla grande pressione esercitata dall’acqua dando loro forme mostruose e buffe. Per di più ostentavano delle grottesche luci che servivano a catturare prede nell’oscurità o a  spaventare altri abitanti degli abissi. Dunque utilizzai dei pastelli ad olio su cartoncini neri. Questi colori sono perfetti allo scopo per il loro forte cromatismo e lo spessore materico che danno alla superficie disegnata.

I disegni

Realizzai cinque disegni di “pesci abissali”  che trovi nella slide show di Flickr a fondo pagina. Tuttavia ho aggiunto altri due disegni a tecnica mista dal titolo “incontri”, dove esseri diversi e irragionevolmente presenti nello stesso abitat si contendono lo spazio vitale. Per alcuni di questi pesci mi sono ispirato a illustrazioni tratte da testi di zoologia.

La metafora

Mi piace immaginarmi come  un capitano Nemo davanti ad un oblò che si affaccia su un mondo freddo e sconosciuto. La profondità del mare in fondo è come il nostro inconscio. In questi luoghi remoti si possono fare spiacevoli incontri. Qui si agitano creature minacciose, appaiono e scompaiono come anime tormentate e fameliche, come se fossero nascoste nel nostro inconscio.
La questione si pone in termini di crudele lotta per la sopravvivenza ed il filmato trovato in rete rende bene l’idea. Balletti e giochi di luce nascondono spesso la morte, quasi a metafora delle tante maschere che ci mettiamo per difenderci dagli attacchi esterni e alle altrettante strategie illusionistiche finalizzate a neutralizzare il prossimo.

Cinque “pesci abissali” pastelli ad olio su cartoncino nero e due “incontri” con tecniche miste. Brunetti Giancarlo (1992)
Pesci abissali

 

Disegno scuola della mente

Perchè il disegno

Disegno scuola della mente, un viaggio dentro noi stessi. Lo scopo è cogliere l’essenza della realtà mettendo in comunicazione la mano con la mente.
Il traguardo è ambizioso specie se la pratica viene fatta con la figura umana. Per chi ci riesce è arte, per chi, come me, ci prova soltanto, è come un volo di tacchino. Tuttavia, per quanto goffo, è sempre un modo per avvicinarsi al cielo.
Studi con modella
Quando e dove

Ho frequentato la scuola libera di nudo dell’Accademia di Belle Arti di Firenze dal 1992 al 1995, dal 2008 al 2010 e nel 2014, poi, sporadicamente, la Charles Cecils Studios che ogni martedì sera mette a disposizione una modella.Un altra occasione di disegno è messa a disposizione da Dino Colivicchi, un bravissimo disegnatore presenza costante in questi ambienti e animatore lui stesso di un atelier al circolo arci di via San Niccolò 33/r Firenze.

Riflessioni conclusive

L’esperienza è sicuramente molto formativa, ci vuole costanza e accontentarsi dei risultati ma allo stesso tempo cercare  di migliorare.

Parole

Le parole manifestano la complessità delle relazioni umane e la loro fragilità, spesso le sottovalutiamo e le usiamo come potenti armi offensive. E’ per esprimere questo concetto che ho scritto la poesia “parole” e  solo molto tempo dopo, del tutto casualmente, è diventata un video.
Quello che ha aggiunto valore a questa poesia è proprio il fatto che più persone hanno messo qualcosa di proprio, l’hanno letta, apprezzata, interpretata e infine restituita in una forma inedita e nuova. Tuttavia la persona che ha realizzato il miracolo è Marzia, la voce recitante. Marzia è una bambina di 10 anni, legge la poesia, le piace, decide di registrarla da sola; quell’unica lettura, senza tentativi né prove, è un momento irripetibile, coglie il mistero di Kairos, cioè di un tempo diverso da quello scandito dai secondi, un tempo di mezzo dove possono accadere cose straordinarie. Ungaretti diceva che la poesia è tale quando porta in sé un segreto, forse Marzia ci ha avvicinato a questo segreto.


Il testo:

Sono foglie
queste parole.
Cadute, ammucchiate,
trascinate, pestate,
frantumate e dimenticate.

Sono formiche
queste parole
tutte uguali.
Se le lasci andare
vanno ordinate,
organizzate, regolate,
disciplinate.
Se le disturbi
corrono a migliaia
in tutte le direzioni
disordinate, concitate,
confuse e mescolate.

Sono nubi
queste parole.
Si trasformano continuamente,
svaniscono improvvisamente
leggere, inconsistenti
delicate, dolci,
trasparenti,
s’addensano minacciose,
ostili, dure.

Sono trappole
queste parole.
Ti lasciano mutilato,
avvilito, angosciato
incompreso, frainteso,
tradito e offeso.
Le idee impigliano
le convinzioni intrigano
gli entusiasmi frenano.

Nel silenzio
si consumano,
scompaiono.

(6 giugno 2002)

Dopo aver visto il video con la lettura di Marzia ho sentito il bisogno di dedicare una poesia alla sua sensibilità e delicatezza:

A Marzia

Mi hai accompagnato
per mano
dentro le mie stesse parole

Ma non sono più
quelle che conoscevo,
usurate dal tempo
e dall’amarezza.

Nella tua voce
volano verso
il futuro
colme di speranza.

7 maggio 2009

 

Islanda impressioni di viaggio

Islanda impressioni di viaggio da fissare nel ricordo. 

Acqua, aria, terra, fuoco, qualcuno si è divertito a mescolarli in questa magica terra.

Tutte le combinazioni sono ammesse, dalle sterminate colate laviche alle evanescenti cascate, dai fanghi in ebollizione alle immense distese di ghiaccio; tutti i contrasti possibili: cieli azzurri contro assopiti vulcani, apocalittiche tempeste di cenere a lambire verdi pascoli strappati all’avido clima artico.

Qui io non mi sento in armonia con la natura, ma ospite fragile e provvisorio, a volte indesiderato e inopportuno, il viaggio inizia quando metti piede su quest’isola, ma prosegue dentro di te nell’improvvisa consapevolezza di essere presente all’origine della terra, sbalzati in un tempo primigenio dove continenti in movimento, tra sismi ed eruzioni, lasciano il segno del loro passaggio nelle rughe rocciose di Thingvellir o  Álfagjá o altrove.

Così, se un giorno ci andrai, sentirai il respiro della terra, il flusso vitale ai primordi della vita, li sentirai proprio sotto i tuoi piedi, bollenti e gelidi, sorprendentemente colorati da mille pigmenti minerali o annientati dal nero antracite dei costoni vulcanici, su di loro la luce rimane imprigionata rendendoli imperscrutabili e minacciosi.

Scopro l’esistenza di uno spazio vitale

che non pensavo possibile, crudelmente ostile durante la notte polare, ma d’estate, sotto un sole refrattario al tramonto, sconfinato e di una bellezza mistica.

Il confine tra idillio e apocalisse è lieve, se vuoi avvicinarti fallo con cautela per mano ad un islandese, ti aspetterà alle porte dell’inferno pronto, se necessario,  ad abbandonare velocemente un paesaggio da catastrofe, saprà guadare per il verso giusto un tumultuoso fiume o aprire un varco nella laguna glaciale di Jokulsarlon per portarti vicino ad una miriade di instabili iceberg in un’oziosa e collettiva attesa prima di prendere il largo e scomparire nell’oceano.

Qui, nell’estrema rarefazione umana posso finalmente abbandonarmi a paesaggi solitari e sublimi, un’altra dimensione del vivere, un tempo non più scandito dalle ore ma dai cicli geologici.

Acqua, aria, terra, fuoco, l’Islanda è dentro di me, la sogno ancora, forse ci tornerò.

Video che ho realizzato sul viaggio.

Il vulcano Eyjafjallajoekull aveva smesso di eruttare da pochi mesi (video spettacolare)

Un link utile: Reykjavik Excursions: http://www.re.is/

C’era una volta il Mar d’Aral

Mi ricordo quando esploravo il mondo col solo bagaglio della fantasia e come mezzo di trasporto il mio indice ficcato in mezzo alla cartina geografica.

Ero un bambino, allora la geografia era ancora materia di studio importante, non come ora che per paradosso, in un epoca di globalizzazione, si toglie dai programmi scolastici.

C’erano luoghi magici che invitavano a sognare nelle seducenti foto dell’Atlante illustrato, come quelle un po’ sbiadite che facevano le prime macchine Ferrania di plastica nera.

L’Islanda, l’Alaska, la Mongolia, la Nuova Zelanda, attraverso le cartine politiche e fisiche era possibile oltrepassare a piacere confini dai colori pastello, scalare montagne, risalire fiumi, traversare oceani.

Un luogo tra questi, anch’esso affascinante era il lago d’Aral. Cosa ci faceva un mare piantato nel mezzo all’Asia Centrale? Era stato forse dimenticato da una qualche marea preistorica? Per la sua estensione immensa e per la sua acqua salata veniva chiamato mare. In origine era ampio 68.000 Kmq pari all’intera Irlanda.

L’Aral sea è stato vittima di uno dei più gravi disastri ambientali della storia dell’umanità, perpetrato in nome dello sviluppo. I pianificatori sovietici decretarono la sua fine a tavolino, i due fiumi che lo alimentavano, Sry-Darya e Amu-Darya, furono deviati per creare dei campi di cotone. A distanza di qualche decennio la sua superficie si è ridotta del 90%, la linea di costa è arretrata in alcuni punti anche di 150 km lasciando al posto dell’acqua solo sabbia e sale.

Il vento che spira costantemente verso est/sud-est trasporta la sabbia salata e tossica per i pesticidi, facendo diventare l’area inabitabile, le malattie respiratorie e renali hanno ora un’incidenza altissima sulla popolazione locale.

Moynaq è il monumento di questa tragedia, nella città vi sono ancora i segni dell’epoca passata quando fioriva il commercio ittico. Poco fuori una arrugginita flottiglia di pescherecci giace adagiata sulla sabbia.

Questi scenari apocalittici attirano la curiosità dei turisti un mercato che avrà nel suo catalogo un’ampia offerta di viaggi intorno al mondo.

ARAL SEA from Romain Alary on Vimeo.

Ma c’è chi lavora a mani nude per riportare un pò di vita sulle rive del lago.